Archive for the ‘chiacchiera’ Category
Importante è
Nel pomeriggio di venerdì va di scena il solito rituale dell’organizzazione, fatto di idee, progetti, sorprese; di relazioni, e carte e previsioni del tempo, studiati in clandestinità fra un lavoro e l’altro.
Sabato mattina. Caos di corde, zaini, saluti, moschettoni, chiacchiere, sci, automobili. Ancora Val Màsino, per la precisione Valle di Sasso Bisolo, diretti alle placconate del Monte Piezza, una parete piuttosto defilata, solatìa e non molto frequentata, alta e di un bel granito rossastro, incastonata nel fianco dirupato della valle. Una ripida traccia fra boschi e gande ci deposita in seno alla parete. Senza saperlo, iniziamo a scalare una linea diversa da quella che vorremmo percorrere. L’impegno richiesto è maggiore del previsto e non tarderemo molto a capire di essere su un’altra via. Pazienza, saliamo comunque, incontrando qualche passaggio pericoloso e tratti su liscie placche che richiedono un poco di coraggio e decisione. La discesa in doppia, se alla cordata Fabio-Giò-Guido fila liscia, a me e Luca riserva spiacevoli inconvenienti, in verità già iniziati durante la salita. Un rinvio che si sfila lasciandomi sprotetto, una ghiera che non vuol più saperne d’aprirsi, un nodo galleggiante che si barrica in una fessura e non ha intenzione di uscirne, una doppia da risalire sotto la pioggia…
La merenda di fine gita e qualche battuta bastano a ridarmi l’ottimismo e il buon umore, a dispetto dei miei vestiti sporchi e bagnati. E poi una nuova bella serata assieme, i progetti per il giorno dopo, il calore e le risate.
Domenica mattina. La logistica è così complessa da mandare in confusione anche il più metodico dei cervelli. Per fortuna nessuno di noi è equipaggiato con tal modello di organo intellettivo; ridiamo del disordine che regna sovrano nei bagagliai e delle numerose soste. Zaini in spalla ci incamminiamo verso le baite di Corte Terza. L’aria umida e profumata di foglie nuove. Percorriamo la strada tra prato e larici già in vista del Precipizio di Strem, la nostra meta, un’elegante scoglio roccioso, un piccolo Capitain in questa valle meravigliosa e selvaggia. Purtroppo, giunti di fronte alla parete, col naso in sù e gli occhi appuntiti nello sforzo di coglierne ogni dettaglio, dobbiamo rinunciare a causa dell’acqua che, abbondante, scorre sulla roccia in sottili veli. Vagabondiamo per la valle in cerca di un’alternativa, ma niente sembra attirare nuovamente la nostra curiosità verticale.
Via impegnativa, via tranquilla, falesia… in un’alpinistica regressione di freudiana memoria, finiamo direttamente con le gambe sotto al tavolo a mangiare e bere. Dal tavolo alla base della più famosa cascata bregagliotta la strada è breve. Ed eccoci così, con le corde in spalla, a risalire il sentiero fino ai piedi del pilastro roccioso dove corrono diverse vie sportive. La scena è divertente. Siamo in otto sul fondo di uno stretto ed alto camino. C’è chi si imbraga, chi chiede permesso per passare, chi si lamenta, chi se la ride. Sembra di stare in tram alle 7.30 del mattino. “Scusi, lei attacca questa via?” “No, la prossima, prego.” “Se si sposta riesco a mettere l’imbrago, magari. E non mi pesti le corde!”.
Io parto per una via con Giò e Ginevra. Michele ed Efrem su un’altra via. Sabina, Fabio e Guido vanno in falesia a qualche chilometro da qui. Una diaspora insomma! Sulla via ci divertiamo e non manca nemmeno un po’ di ingaggio sul tiro ostico.
A sera ci ritroviamo ancora una volta tutti assieme. Sono stati due giorni pieni, mi pare di essere in giro da una settimana. Non mi stancherò mai di giorni così, apparentemente semplici, ma densi di sorprese, esperienze, parole e sorrisi da condividere ed assorbire.
foto in alto © Copyright Giovanna M.
veraprimavera in Val di Mello
22 Aprile
Questa primavera non porta solo le foglie nuove, le rondini e le farfalle. Lunedì ho finalmente chiuso un altro capitolo della mia vita, quello dell’università. Tutto è andato nel migliore dei modi e ne sono soddisfatto. Non ero particolarmente teso, anzi, lo ero molto molto poco. Ho concluso il lavoro di tesi con un buon anticipo e ormai da diverse settimane avevo riportato la manetta del gas su règimi di lavoro più rilassati, godendomi tante belle giornate in giro per nevi e rocce.
Quando finisce qualcosa,qualsiasi cosa, sono solito prendere un grosso sacco, riempirlo di tutto quello che non mi servirà più e liberarmene, gettandolo impietosamente fra i rifiuti. Di norma non mi piace conservare ricordi e feticci, lascio che sia la mia memoria a scegliere autonomamente cosa deve essere dimenticato e cosa deve rimanere indelebile. Così, nel primo giorno post-laurea, ho fatto l’aspirante netturbino. Vista l’importanza dell’evento, un regalino me lo devo pur fare. Così, quando faccio ritorno a casa, ho con me un nuovo sacchetto portamegnesio, il terzo della mia collezione. E’ di un colore imbarazzante, a pois su fondo bianco panna; un’autentica botta di colore. In realtà cercavo altro, ma non l’ho trovato e così ho ripiegato sul sacchetto e un rotolo di nastro da fessura ( Valle dell’Orco arrivo!)
Non sopporto quelle stupide feste di laurea accompagnate da cocktail iper-alcolici e idioti d’ogni sorta. Ma visto che sono felice, oggi devo festeggiare. Alla mia maniera ovviamente. E cosa c’è di meglio di una splendida giornata primaverile in Val Màsino? Solo una cosa: una splendida giornata primaverile di arrampicata in Val Màsino!
Attendo che la Isa mi raggiunga dopo aver accompagnato la sua pargola a scuola e poi saliamo assieme in valle. Con me ho un corposo mazzo di protezioni, dal micro all’off-width, si sa mai che ci si inventi qualche fuori programma. Ci fermiamo al Sasso Remenno. Sole, cielo terso, temperatura gradevole e ancora tanta neve in giro. Azzardiamo un programma interessante: qualche tiro qui e poi più tardi andiamo a fare il Risveglio di Kundalini. Mi accorgo però di aver dimenticato la frontale, che si renderebbe necessaria nel caso in cui le ultime lunghezze fossero grondanti d’acqua, con conseguente lungo e complesso rientro in doppia. Fa niente, evitiamo di cercare rogne, torneremo per Kundalini. Oggi rimaniamo al sasso per una giornata di roccia atomica e sole.
Maciniamo dei bei tiri e ci scappa anche la via soddisfazione. Un bel muro di 6b, 30m netti e continui di movimenti delicati. Riesce la salita a-vista ad entrambi. Poca cosa per i fortissimi ed effimera gioia per i non rampicanti, ma io sono davvero contento. Dopo un lungo periodo sottotono, è la prima volta che scalo pulito e rilassato su queste difficoltà. Il bello è l’insieme fatto di impegno, incoraggiamenti reciproci, mani agitate verso il basso per riposare gli avambracci. E poi alla base, con i piedi nudi nell’erba, a commentare la via. Ancora due tiri defaticanti e poi infiliamo il materiale negli zaini.
Con una giornata così non si può tornare a casa senza aver fatto almeno una passeggiata nella Valle, quella di Mello ovviamente! E’ la prima volta che ci capito in questo periodo, proprio mentre l’inverno passa il testimone alla primavera, con i pascoli di un verde brillante e solo qualche melat in giro. L’unico ingrediente mancante è un po’ di sano spavento mellico, il solo che può schiaffeggiarti vigorosamente il viso, abbassarti la cresta, farti passare la vena romantica e sbatterti in faccia la sola granitica realtà. Quella dell’ultima protezione sempre troppo lontana o troppo precaria, della placca che se non è liscia è verticale, della fessura che sembra buona, ma che poi se non è svasa è cieca.
Insomma, ho fatto il pieno di energie. Domani è un nuovo giorno. Per la cronaca domani mi avvierò ufficialmente verso il mio mestiere di progettista. Presa la laurea, trascorsa una bella giornata in montagna, da domani si inizia una nuova avventura. Non pensate cose strane, nonostante inizierò a lavorare a due giorni dalla fine dell’università, ho un programma ben preciso in testa: 4 giorni pieni di lavoro intensivo e 3 giorni in giro, magari nei 4 di lavoro ci può anche stare una falesia dopolavoro o un po’ di sala boulder. Se dev’essere libera professione, che libera sia. Oltre agli svantaggi io pretendo tutti i vantaggi.
Antimedale
Sabato 21 Marzo
Giovedì sera sono stato a sentire la conferenza di Peter Podgornik, fortissimo scalatore sloveno e persona interessante, pioniere nella scalata sul ghiaccio verticale, con all’attivo vie su tutti i terreni, spedizioni e viaggi di ogni tipo in ogni angolo del mondo. Il racconto filava intrigante dalle difficili vie in roccia sulle Giulie alle spaventose e disperate big wall himalayane, dalla Yosemite Valley ai villaggi Masai. Ora, finita giustamente l’attività estrema, continua a scalare e viaggiare a bordo del suo furgone con la compagna e il loro bimbo. Fà un po’ pensare lo stridente contrasto fra l’epilogo della sua storia e il fatto che la maggior parte dei suoi compagni e amici siano morti scalando.
Questa mattina invece sono tornato in Antimedale per una tranquilla arrampicata sulla via Chiappa. La proposta di Luca è allettante: “partenza con comodo e facciamo le lucertole, fanculo a tutto”. Alla fine ne è uscita una mattinata divertente. Si stava proprio bene, roccia calda, com’è solito su queste pareti solatie, e una bella brezza fresca. Nell’avvicinamento, camminando distratti abbiamo fatto un giro lunghissimo per arrivare a destinazione. Al ritorno, non soddisfatti, siamo scesi fino a Rancio mentre l’auto era Laorca. Così, sulle orme dei mitici scalatori lecchesi degli anni ’30 che salivano a piedi in Grignetta, ci siamo fatti una camminata fino all’imbocco della val Calolden e poi su per i vicoli di Laorca.
Scadenze
Un po’ di fatti miei. Nelle ultime cinque o sei settimane non ho fatto altro che lavorare per cercare di concludere la mia tesi di laurea. Ho lavorato tutti i giorni dal mattino presto a sera, con l’unica eccezione di quelle poche ore rubate per andare fugacemente in montagna. Su un foglio ho tracciato una tabella con circa 40 caselle, una per ogni giorno. Ho annotato tutto quello che rimaneva da fare, ripartendolo sulla tabella, poi, per ogni giorno trascorso e porzione di lavoro finita, ho tirato una riga a pennarello.
Questa sera il foglio è completamente coperto di righe nere. Il tempo a mia disposizione è inequivocabilmente esaurito.
Di norma giudicherei patologico un simile modo di fare. Ma il significato di quello che ho fatto, o meglio che ho cercato di fare, è altro dal suo solo e mero valore intrinseco. E’ stato un fatto del tutto personale, una rappresentazione del tentativo di recuperare il tempo e le occasioni gettate per essermi a lungo dimenticato di amare me stesso. Del resto una delle poche cose che ancora ricordo della mia conclusa parentesi cristiana cattolica è proprio quel “ama il prossimo tuo come te stesso”. In fondo è come dire che il metro per misurare l’amore verso l’altro non puo che essere quello stesso che abbiamo per noi e che quindi quest’ultimo, ben lontano dall’egoismo, viene prima d’ogni altro.
Insomma, tutto questo per dire che tra domani e dopodomani scoprirò se tutta la fatica fatta sarà servita ad ottenere ciò che volevo, nel significato di cui sopra. Ovvio che mi sento all’altezza della situazione e anzi attendo bramoso il momento di mettermi alla prova. Per renderlo con una metafora alpinistica, il senso ed il gusto dell’avventura sta tutto nell’incertezza dell’esito. Per questo stasera metto in conto, parafrasando, l’eventualità di non passare quel passaggio chiave obbligato e scabroso.
Se tutto andrà per il verso giusto venerdì sarò a riposarmi al sole, al costo di attraversare un paio di paralleli per trovarlo. Diversamente non lo so ancora.
ciao Andrea
La mia mattinata è stata scossa dalla notizia della sua morte. Non avevamo ancora avuto modo di incontrarci nonostante varie volte ci fossimo sentiti per andare a scalare assieme. Per un motivo o per l’altro non abbiamo mai combinato, ma ero sicuro che, vista la sua grande passione e intraprendenza, avremmo prima o poi fatto una salita.
La dinamica dell’incidente non importa, è morto facendo quello che gli piaceva, inseguendo qualche effimero sogno o ,più semplicemente, il desiderio di divertirsi, passare una giornata in compagnia, condividere un’esperienza, sentirsi vivo.
Mi hanno detto che cercava il modo di vivere in montagna, di montagna e con la montagna. Mi piace immaginarlo come un ragazzo appassionato e in cerca del sua strada.
Anche se non ti conoscevo mi dispiace davvero. ciao
di Facebook ed altri dèmoni postmoderni
Da qualche giorno sono affetto da “nausea informatica saturativa“. Sto lavorando alla mia tesi di laurea che consiste – che fantasia! – in un progetto d’architettura. Quindi sono a casa, davanti alla mia scatola luminosa, per un bel po’ di tempo al giorno. Se a questo aggiungo blogs, news, flickr, forum ecc…ecco spiegato il mio stato di insofferenza telematica.
Ad inizio settimana poi m’è venuto in mente di iscrivermi a Facebook. Non mi serviva a niente di particolare,solo pura curiosità di vedere cosa fosse questo tanto famigerato “social network”.
L’iscrizione richiede pochi passaggi e, in breve tempo, si può addobbare il proprio profilo di foto ed informazioni d’ogni genere. Metto un minimo di dati, qualche foto mia e in compagnia della mia ragazza, una foto d’arrampicata, dopodichè clicco il magico link “amici”. Mi limito a “”fare amicizia”” con la mia ragazza (!!) e con un amico di vecchia data, tanto per curiosare un po’. Nel mentre, in un box laterale, seguitano a scorrere gli avatar di ex compagni di liceo mai più rivisti, compagni di università, amici di amici di costoro, perfetti sconosciuti.
Non ci metto molto a rendermi conto che tutto questo mi è come minimo di dubbià utilità. Si può scrivere sulla pagina di un utente, mettere commenti, foto, chattare, scambiarsi messaggi privati. Ci sono poi un’infinità di gruppi. Insomma niente di nuovo, se non questa alienante esasperazione dell’espandere in continuo la rete dei contatti.
La possibilità di inserire messaggi nelle bacheche si limita a frasi-status. I gruppi mi sembrano decisamente scomodi da usare, di certo a questo scopo ci sono servizi più adeguati. Le foto hanno spazio illimitato; sarà solo una mia impressione , ma mi sembra che anche una immagine significativa si perda in quel contesto. Per farla breve non mi è piaciuto per niente questo Facebook, è caotico e artificioso e, ripeto, fa cose che altri servizi fanno meglio. Per certi versi mi pare che sia fatto ad hoc per succhiare il tempo agli utenti; ad esempio, mancano del tutto i feed RSS.
Fino a questo punto parlo per opinione personale, a me non piace, lo trovo poco utile, a volte irritante e un po’ mi inquieta persino. Detto questo sia chiaro che non voglio certo giudicare gli n-mila iscritti entusiasti, nè fare l’apologia dei tempi in cui dal modem ci passavano le BBS o NNTP.
Ora arriva il fatto più spiacevole. Vista l’esperienza, ho preso seriamente in considerazione anche l’eventualità di rimuovere l’account da Facebook che, oltre a non servirmi a nulla m’ha addirittura un po’ turbato. In fin dei conti con la mia ragazza non ho certo bisogno di un social network e per il mio amico di vecchia data avrò molto più piacere a cercare qualche occasione di scambiare quattro chiacchiere di persona! Cerco così nei menù il pulsante per un’eventuale cancellazione dell’account , ma, con sorpresa, trovo solo un ambiguo “disattiva account“. Una veloce ricerca sul web dà conferma al mio timore: ciò che con qualsiasi altro servizio è possibile fare con un click, cancellare il proprio account, su facebook è un’impresa dal dubbio epilogo.
Disattivando l’account, tutti i messaggi, le foto e le informazioni pubblicate restano visibili. Esiste la funzione per cancellare l’account, peccato che non sia immediata e si limiti a rendere invisibili i dati, conservandone però copia sul server. A riprova che non si tratta di paranoia d’orwelliana fantasia, basta leggere le condizioni d’uso del servizio: “gli utenti accettano che Facebook mantenga delle copie archiviate dei contenuti dei profili” e ancora “le informazioni rimosse possono rimanere come copie di back up per un tempo ragionevole”[1]. Che Facebook fosse la più grande cloaca a sfondo “Commercial Information Gathering” che s’era mai vista sul web, era chiaro fin da subito[2]. L’unico modo (si spera!) di ripulire i propri dati è di eliminare fisicamente uno ad uno i contenuti inseriti e poi richiedere la cancellazione dell’account.
Questa esperienza mi ha portato a riflettere su quanto spesso si celi dell’assurdo nel nostro rapporto con i “social network” e tutte le altre luccicanti prodezze del web 2.0 . Sono talvolta così subdole che si finisce per esserne ostaggi inermi e inconsapevoli. Lungi da me fare del cyber-luddismo, anche se, a volte, qualche colpo di martello ben assestato farebbe un gran bene. Basterebbe in realtà cercare di ricordarsi di innaffiare regolarmente il seme della critica. Usare senza essere usati, senza farsi contagiare dal delirio.
Il mio cervello e il mio sistema nervoso centrale iniziano a dare segni di sovversiva irrequietezza, nelle strade laterali si covano telluriche incursioni.
Ripenserò radicalmente ai mezzi e al loro uso, al tempo dedicato loro,al se e a cosa servono.
Posso anticiparvi che il mio blog rimarrà, nella sostanza, quello che è, anche se, prossimamente, spenderò magari qualche parola anche su questo. Mi piace il blog, è un ottimo strumento quando si vuole scrivere ad un pubblico potenzialmente illimitato. Mi piace perchè mi porta a condividere informazioni ed esperienze e perchè mi “obbliga” a riordinare dei pensieri, dargli parola, struttura e forma per poterli comunicare.
Per la lettura dei blog che mi piacciono invece, ormai da tempo, uso solo i feed. Gran risparmio di tempo e massima comodità! E se sentite il desisiderio di aprire un blog o una pagina non fatelo con orrori tipo myspace o spaces.live.com …
Frequento due o tre forum intorno alla montagna, li trovo un’utilissima fonte di informazione, di scambio e confronto di idee ed esperienze. Tramite questi forum ho conosciuto sempre ottime persone con cui ho condiviso belle esperienze. Soluzione per evitare di starci incollati e scrivere inutilità: visite a cadenza massimo giornaliera in cui concentrare la consultazione degli argomenti e la partecipazione attiva con contributi interessanti e costruttivi, se non si ha nulla da dire meglio un decoroso silenzio. Riguardo ai siti di montagna che contengo report uso, di nuovo, i feed RSS, nella speranza che quelli che ancora non li hanno creati lo facciano celermente. Nell’attesa non li guardo!
Altro capitolo: le previsioni meteo e nivometeo. Questa voce per fortuna non pesa così tanto sul bilancio, organizzando bene i preferiti le si possono cosultare rapidissimamente. Alcuni servizi offrono anche riassunti settimanali e archivi cui eventualmente far riferimento per valutare, per esempio, una gita scialpinistica.
Flickr: e’ un bello spazio per archiviare e condividere le proprio foto. E’ bene orientato tematicamente alla fotografia e dispone di tutti gli strumenti per un suo uso semplice e veloce. Ha, credo, una bassa tendenza a fagocitare tempo ed energie.
Email, istant massaging, chat, gruppi, news: gmail e tutti gli strumenti google sono degli ottimi strumenti, direi al momento impareggiabili. Ho alcune riserve sulla privacy ma non mi dilungo a riguardo. Con google reader si possono consultare i feed di tutti i siti che ci interessano senza perder tempo a visitare i siti stessi.
Per le news e i gruppi ho risolto semplicemente con i feed ed eventualmente con notifiche via mail.
Skype, MSN e simili li uso al pari del cellulare, per sentire una persona cara temporaneamente lontana, salutare un amico che non vedo da un po’ o per mettermi d’accordo a che ora partire, chi porta le corde, chi il salame. Usati in questo modo evitano di arricchire le compagnie telefoniche e sono decisamente comodi. Esagerare è come al solito deleterio.
Il web: google, di nuovo, semplifica molto la vita nel cercare informazioni. Quindi quel che resta da fare è capire quali informazioni servono veramente e quali no e come cercale nel modo più efficace e veloce possibile.
Il lavoro: qua la storia è complessa, merita un discorso a parte.
Tutto il resto al momento semplicemente non mi serve se non , nel migliore dei casi, a rubarmi tempo ed energia che posso dedicare a ben altro, più piacevole, bello, divertente o utile.
Infine, se posso lasciare un consiglio a quelli che avranno la pazienza di leggere questo mio sfogo, voglio dire siate critici, ma non ideologici, usate la facoltà del dubbio, l’intelligenza, interrogatevi ed interrogate, sappiate dividere. Guardatevi da ciò che non ha l’interruttore, che promette di portarvi il mondo sempre e ovunque e dalle realtà parallele. E questo pensiero è ancor più forte nei confronti di quanti, con qualche anno in meno di me, in mezzo a tutto questo ci stanno crescendo.
Fotografia a Milano
Sono tornato in possesso della mia digitale, finalmente! L’altro ieri sono stato a spasso per Milano in cerca di ispirazione per l’esame di Fotografia dell’Architettura. Per quanto rigurda l’esame non ho combinato molto però ho fatto in bel giro e portato a casa qualche scatto interessante. Ho, vergognasamente per la prima volta, visitato la basilica di S. Ambrogio. Poi giù in Porta Ticinese, Darsena e Naviglio Pavese. Il cielo straordinariamente terso per la media milanese, sebbene sia uno svantaggio in fotografia, ha reso il pomeriggio davvero piacevole.
Ci sono ancora…
Rieccomi qua. Ad essere precisi non mi sono mai mosso, ma la prolungata assenza dal blog magari ha portato chi di voi mi legge regolarmente a chiedersi che fine avessi fatto. Ebbene ci sono ancora, vedrò di raccontarvi qualcosa. Alla bella giornata in montagna del 23 dicembre scorso sono seguiti i soliti tre giorni di festività natalizie, passati oziosamente in famiglia a casa. Per il resto si sono alternati giorni di buona fortuna e di festa ad altri di mare agitato e tempesta. La mia ricetta in questo caso è semplice, mai mollare e soprattuto inseguire sempre ciò in cui si crede. Nella giornata dell’ultimo dell’anno siamo calati fin sulle rive del Po’ a visitare una bella città di pianura. Poi un po’ di distratto lavoro al progetto di laurea e l’epifania a chiudere le vacanze. Una settimana a Milano in università, a raccogliere più informazioni possibili per affrontare la mole (l’ultima!) di esami di febbraio e infine eccomi qua. Ah! Ieri ho ritrovato il mio taccuino! Dopo averlo dato definitivamente per disperso, tanto da decidermi a comprarne uno nuovo, è magicamente ricomparso nel sacchetto delle pelli foca! Pelli di foca?! Si, oggi siamo tornati in montagna, ma di questo vi racconto poi a parte. Non mi è ancora ritornata la macchina fotografica, conto di riaverla entro questa settimana anche perchè da domani parto con l’operazione insistenza molesta contro il centro riparazioni.